- Genere letterario: Romanzo
- Libro preferito: Novecento – Alessandro Baricco
- Film preferito: L’attimo fuggente
- Serie TV: Sex and the City
D: Ciao Irene! Benvenuta al Salotto delle idee! Come va?
R: Impegnatissima su molti fronti, quindi stanca ma bene!
D: Cari lettori, oggi sono lieta di introdurre al nostro salotto delle idee un’ospite davvero speciale, una di quelle personalità poliedriche sempre più rare al mondo: Irene Facheris, in arte Cimdrp.
Irene è una formatrice che ha fatto dell’individuo il soggetto dei suoi studi, contribuendo alla diffusione di informazioni fondamentali e di modalità di comportamento che concorrono al mantenimento della libertà individuale e alla costruzione del bene comune.
Ho conosciuto Irene su YouTube grazie al suo canale Cimdrp e alla sua rubrica “Parità in pillole” che per me è stata davvero illuminante e di cui consiglio a tutti la visione.
D: Irene, sono davvero emozionata di averti qui oggi. Non ti nascondo che “definirti” non è affatto semplice e scontato, come non sono scontati i temi di cui tratti sia nel tuo lavoro che sul tuo canale. Com’è nata l’idea di creare la rubrica Parità in pillole? C’è stato un evento preciso che ha contribuito alla sua realizzazione?
R: Ho sentito la necessità di allineare i miei contenuti. Parità in Pillole è nata nel 2016, dopo due anni di scrittura di articoli sul femminismo per Bossy. Ho capito che volevo parlare di quei temi, in qualunque forma. Così ho pensato di utilizzare il mio canale YouTube per fare cultura.
D: Come opera divulgativa direi che il tuo ultimo libro, Creiamo cultura insieme, va di pari passo alla tua rubrica. Esso sembra porre quegli accenti che la società pare aver dimenticato. La definirei grammatica comportamentale. La sua stesura intensiva, come si può notare dal video-racconto che la documenta, non è stata priva di emozioni come privi di emozioni non riusciamo a rimanere dinnanzi ad un confronto gestito male. Si potrebbe considerare la tua opera, un piccolo manuale di retorica?
R: Il termine “manuale” mi fa pensare a qualcosa che puoi applicare anche senza metterci cuore, una serie di regole che ti basta studiare e poi mettere in pratica. In realtà, il libro dice quali sono le cose più utili da fare, ma se non ne sei convinto e non senti davvero il bisogno di cambiare i tuoi comportamenti, non funzioneranno.
D: “Possiamo scegliere. […] Scegliere di fare la cosa più utile quando è la più scomoda” questa citazione contenuta nel libro racconta un po’ l’altra faccia della medaglia che rende necessaria la tua opera di divulgazione: la realtà che devi costantemente fronteggiare per il semplice fatto di parlare della parità in tutte le sue forme e aspetti. Ecco, qui sorge la mia domanda: hai mai vacillato nella tua scelta? C’è mai stato un momento in cui hai pensato di abbandonare la tua lotta per preservare la tua persona?
R: Certo, costantemente. Ogni giorno scelgo di non mollare perché ogni giorno mi danno nuovi motivi per lasciare perdere, ma anche altrettanti per continuare. Nel tempo, ho imparato a proteggermi un po’ di più, ma non ti nascondo che parlare di questi temi su internet sia molto difficile, proprio perché la cattiveria che già normalmente si trova online, appena tocchi certi argomenti si moltiplica a dismisura.
D: Irene è anche presidente di Bossy, un progetto che affronta la parità nel suo senso più ampio e che fa del femminismo uno dei suoi pilastri. Ed è proprio su questa scia che ti porrò una domanda forse per molti banale ma che potrebbe essere per molti altri la chiave: quando hai cominciato a definirti femminista? Nel mio caso, ad esempio, ho sempre avuto chiaro dentro di me il concetto che questo termine racchiude ma è solo da qualche anno che ho cominciato a definirmi femminista.
R: Quando ne ho scoperto il significato ero all’università. Mi sono resa conto di essere sempre stata femminista, in fondo, ma di non aver mai avuto la parola per definirmi!
D: Oltre ad essere impegnata come formatrice e come attivista, la nostra ospite ha un’altra grande passione: la musica. Ebbene, hai mai pensato di coniugare i precetti del femminismo alla musica e magari produrre un album all’insegna del girl power?
R: Tantissimo, è un mio sogno. Purtroppo al momento il tempo che posso dedicare alla musica è davvero poco e quando mi capita finisco sempre per scrivere di me e di quello che mi sta accadendo. Scrivere un album più politico richiederebbe una concentrazione che purtroppo adesso non sono in grado di tenere!
D: Irene, se ti dicessi “Non siete Stato voi che parlate di libertà come…” come continueresti?
R: …si parla di una notte brava dentro i lupanari!
D: Sì, qui ho barato! Sapevo della tua sconfinata passione per Caparezza (che condivido pienamente). Cosa ne pensi dell’ultimo album Prisoner709 e della scelta dell’artista di porre la lente all’interno dell’individuo?
R: Per me è il suo album migliore (dopo Verità Supposte, che per me è e rimarrà sempre il vero grande amore). Credo che Caparezza sia l’unico a potersi permettere un tale livello di complessità e profondità ed è bello che si cimenti ogni volta in qualcosa di più difficile e sempre più geniale. Nessuno parla degli esseri umani come lui.
D: Ebbene, siamo giunte alla fine della nostra intervista. C’è qualcosa che ti piacerebbe dire ai nostri lettori?
R: Create cultura, nel vostro piccolo, con i vostri mezzi. Non limitatevi a fruire dei contenuti di altri, raccontate anche voi ciò che sapete!
D: Irene, grazie del tempo che hai dedicato alla nostra conversazione. Sono davvero felice di averti avuta qui con me oggi. Alla prossima!
R: Grazie a te!
Andreanahood
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